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viernes, 7 de septiembre de 2012

LETTERE E NUMERI

Sara piccolina in braccio a Giovanna
foto di Camilla Vivian - ottobre 2004

Lo scorso agosto la mia nipotina Sara di 9 anni mi dice: "Lo sai Giovanna che so disegnare con il corpo le lettere dell'alfabeto?". E si mette a contorcersi , per esempio aprendosi a triangolo per formare una grande A, piegandosi in avanti e arrotondando le braccia per rappresentare la B, creando una curva con tutto il corpo per la C...e così via. Era molto carina e contenta di questa sua capacità.
Pochi giorni dopo mi sono trovata a leggere un libro di Aldo Nove, "Amore mio infinito", non un capolavoro, ma un  libretto da leggere per passare un paio d'ore di relax.
E in una pagina comincia a raccontare: "Una volta da bambino mi è venuta la febbre altissima, ero a letto e sentivo che i numeri mi venivano addosso. Il numero uno non mi faceva paura perché era piccolo, era come le caramelle che all'oratorio costavano una lira ciascuna. Il numero due era un po' più grande e spigoloso con l'uncino che si ripiegava su se stesso come il cappuccio di un monaco inginocchiato. Il numero tre era morbido, come un arco piegato due volte, come una spiaggia divisa dagli scogli. Il numero quattro era serio, seduto con le gambe incrociate a pensare. Il numero cinque un po' sciocco, camminava nella matematica con la pancia e il berretto di baseball. Il numero sei solitario e prepotente e però l'unico che aveva capito tutto della vita, un filosofo che passava tutto il giorno a pensare. Con il tempo, il numero si trasformava in una specie di sedia a dondolo. Il numero sette era il più allampanato di tutti, alto, segaligno e cinico, in fondo una persona triste, che fa battute taglienti per togliersi d'impaccio in qualche modo, per sottrarsi a una vita che detesta. Il numero otto mi sembrava una specie di Buddha anziano, uno che ne ha viste di tutti i colori e preferisce parlare poco. Il numero nove era mia madre, stanca e tesa sempre, alla ricerca della perfezione nel mettere di nuovo a posto la casa. Il dieci una locomotiva sicura di sé, spedita nel mondo dei numeri passava veloce trainando lo zero. L'undici era una coppia di gemelli che andavano male a scuola, stavano in fondo alla classe senza dire una parola e cercavano di passare molto inosservati. Il dodici un  signore anziano su un calesse che andava veloce a scompigliare i numeri che venivano prima, così. Il tredici era il più tremendo di tutti. Non  volevo vederlo, se lo pensavo chiudevo gli occhi, era un pescecane che arriva sulla spiaggia e aspetta nascosto. Quando vedevo il tredici urlavo. Allora veniva mia madre e mi diceva di dormire tranquillo, che dopo la febbre mi passava."

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